Il decreto Cura Italia proroga di due anni i termini per l’accertamento

Il decreto Cura Italia porta con sé una brutta sorpresa per i contribuenti: a fronte di una proroga generalizzata di scadenze e adempimenti fiscali, il decreto contiene parallelamente una proroga dei termini di accertamento.

Nello specifico, l’art. 67 prevede che “siano sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori”; l’art. 68 che “siano sospesi i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi previsti dagli artt. 29 e 30 del DL 78/2010”. Ma a che prezzo? È un’agevolazione, questa della sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori e della sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione, che è a costo zero per il contribuente? Evidentemente no. Infatti, il decreto prevede che “con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della Legge n. 212/2000, l’articolo 12 del D.Lgs. n. 159/2015”.

Ma cosa dice questo articolo che opera in deroga all’articolo 3 dello statuto del contribuente? L’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015, con riferimento alla sospensione dei termini in caso di eventi eccezionali, dispone che  “i termini di prescrizione  e  decadenza  relativi  all’attività degli uffici  degli  enti  impositori,  degli  enti  previdenziali  e assistenziali e  degli  agenti  della  riscossione  aventi  sede  nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali, ovvero  aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti  debitori  aventi domicilio fiscale o sede operativa nei  territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali e per i quali è stata  disposta  la  sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli  anni  durante  i  quali  si  verifica  la sospensione,   sono   prorogati,   in   deroga   alle    disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo  alla  fine  del  periodo  di sospensione”.

Pertanto il Fisco, a fronte della flessibilità concessa per tutte le scadenze comprese nel periodo tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020, si prende due anni di tempo in più per le attività di accertamento e per tutti i controlli fiscali. La decadenza degli atti impositivi prevista per l’anno in corso, anziché scadere al 31 dicembre 2020 scadrà il 31 dicembre 2022. Per essere concreti, il modello Unico 2016 (redditi 2015) non andrà archiviato quest’anno ma, al contrario, potrà essere oggetto di controlli sino al 31 dicembre 2022.

L’intenzione è nobile: non interrompere la lotta all’evasione fiscale. Ma il prezzo da pagare come corrispettivo appare eccessivamente oneroso.

Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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