Il Governo si occupa ancora di sanificazione: per agevolare l’acquisto di presidi volti a limitare le possibilità di contagio da Covid-19, è stata allargata la platea dei beni oggetto del relativo credito d’imposta.
Al centro di numerosi dibattiti e oggetto di disperata ricerca, le mascherine rappresentano indubbiamente uno dei temi più scottanti del momento. Nel corso di questi mesi i cittadini sono stati bombardati di informazioni contrastanti, provenienti da fonti più o meno autorevoli, sulla necessità o meno di indossare questi dispositivi. Se inizialmente era consigliato l’utilizzo solo per coloro che presentavano sintomi coerenti con quelli da Coronavirus, ora diversi Presidenti di Regione impongono a tutti l’obbligo di indossare tali presidi per recarsi in luoghi pubblici, come i supermercati. Misura, quest’ultima, non di facile attuazione vista la difficoltà a reperire questa tipologia di beni. È risaputo infatti che, giunte le prime informazioni allarmanti in merito alla diffusione del virus in Italia, vi è stata una corsa al rifornimento di mascherine che ha portato al loro esaurimento in tempi rapidissimi, necessitando, in alcuni casi, anche dell’importazione dall’estero.
Sul tema interviene anche il Governo ampliando alle mascherine e ad altri sistemi protettivi quello che potremmo chiamare il credito d’imposta per le spese di sanificazione “2.0”.
Una prima previsione di agevolazione era inserita nel decreto Cura Italia che, all’articolo 64, ammetteva l’incentivo per le sole spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Ora il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, c.d. Liquidità, approva, all’articolo 30, l’estensione del credito a nuove tipologie di spese, raggruppabili in due macro categorie: i “dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale”.
Nella pratica, di che prodotti stiamo parlando?
- mascherine (chirurgiche, Ffp2 e Ffp3);
- guanti;
- visiere di protezione;
- occhiali protettivi;
- tute di protezione;
- calzari;
- barriere e pannelli protettivi;
- detergenti mani;
- disinfettanti.
Restano invece invariate le restanti condizioni: il massimale è sempre 20.000 € nella misura del 50% delle spese sostenute. Per maggior informazioni in merito ai requisiti si rimanda a Il nuovo credito per sanificare gli ambienti di lavoro. È bene chiarire che, l’estensione del credito non ha comportato per lo Stato italiano lo stanziamento di ulteriori fondi, restando a disposizione i medesimi 50 milioni, per l’anno 2020, già previsti dal decreto Cura Italia.
Si tiene a precisare, infine, che questa agevolazione non è destinata a tutti i privati cittadini bensì ai soli soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione. Il Governo, infatti, si è mosso in questa direzione per proteggere, in primis, tutti quei lavoratori che, anche in questa situazione sono obbligati a recarsi a lavoro, svolgendo un’attività ritenuta essenziale, ma non solo. In vista della c.d. “fase due”, ovvero una graduale riduzione delle restrizioni anti contagio e una ridefinizione delle regole sugli spostamenti, vuole incentivare i datori di lavoro a mettere in atto tutte quelle forme di prevenzione che garantiscano una ripresa lavorativa senza che ne consegua anche un nuovo rischio di innalzamento dei contagi.
Giulia Zanotto – Centro Studi CGN