Con una norma a valere fino al 31 dicembre 2020, il decreto Liquidità sospende le norme per quanto concerne la disciplina delle perdite, finanziamento soci e continuità aziendale. Si tratta di interventi normativi necessari, che mirano a correggere le situazioni anomale nell’ambito dei conti aziendali che si verificherebbero a causa della crisi economica legata all’emergenza epidemiologica.
Si tratta dell’art. 7, del D.L. 23/2020, emanato con l’obiettivo di garantire la continuità aziendale compromessa a causa delle perdite di capitale dovute alla crisi da Covid-19, ponendo gli amministratori di società nelle condizioni di immediata messa in liquidazione.
In particolare, si prevede fino alla data del 31 dicembre 2020 l’inapplicabilità dei seguenti articoli del codice civile:
- 2446, commi secondo e terzo, rubricato “Riduzione dl capitale per perdite”;
- 2447, rubricato “Riduzione del capitale al di sotto del limite legale”;
- 2482 bis, commi quarto, quinto e sesto, rubricato “Riduzione dl capitale per perdite”;
- 2482 ter rubricato “Riduzione del capitale al di sotto del limite legale”;
- 2484, n. 4 rubricato “Cause di scioglimento”;
- 2545 duodecies rubricato “Scioglimento”.
Le norme del codice civile richiamate concernono le società di capitali e regolamentano la riduzione del capitale per perdite oppure, quando queste ultime comportano la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, la conseguente operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. È il caso di aggiungere che il mancato intervento normativo avrebbe esposto gli amministratori alla responsabilità per aver esitato a intraprendere le azioni ai fini della gestione conservativa del patrimonio aziendale.
È una norma che si giustifica per via dell’attuale stato di emergenza e crisi economica di dimensioni eccezionali determinato dall’epidemia da Covid-19; una situazione anomala che coinvolge anche imprese che, prima dell’epidemia, si trovavano in condizioni economiche ottimali, traducendosi in una patologica perdita di capitale, che non riflette le effettive capacità e potenzialità delle imprese coinvolte. Anche volendo considerare le massicce misure finanziarie adottate dal decreto Liquidità, si palesa una prospettiva di notevole difficoltà nel reperire i mezzi per un adeguato rifinanziamento delle imprese. In quest’ottica, la previsione in esame mira a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da Covid-19, ponga gli amministratori di un numero elevatissimo di imprese nella condizione, palesemente abnorme, di dover considerare le seguenti alternative:
- l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva di continuità per imprese anche performanti;
- il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell’articolo 2486 del codice civile.
La sospensione degli obblighi previsti dal codice civile in tema di perdita del capitale sociale tiene conto della necessità di fronteggiare le difficoltà dell’emergenza Covid-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale.
In materia di bilanci, l’art. 6, del decreto Liquidità ammette la valutazione delle voci nella prospettiva della continuità aziendale, se quest’ultima era esistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso prima del 23 febbraio 2020. È una misura necessaria, che si pone la finalità di neutralizzare gli effetti provocati dalla crisi economica da Covid-19 attribuendo comunque ai bilanci un corretto valore informativo, anche nei confronti dei terzi. Si permette così alle imprese che prima della crisi presentavano una regolare prospettiva di continuità di conservare questa prospettiva nella redazione dei bilanci degli esercizi in corso nel 2020, escludendo, allo stesso tempo, le imprese che, indipendentemente dalla crisi, si trovavano autonomamente in stato di perdita di continuità. In altri termini, la valutazione della continuità nei bilanci 2019 dovrà essere operata considerando quello che sarebbe accaduto in assenza dell’emergenza epidemiologica e se l’azienda si fosse trovata in situazioni ragionevoli di permanenza della continuità aziendale.
Altro intervento di carattere civilistico riguarda l’esigenza di assicurare un adeguato rifinanziamento alle imprese, anche per vie interne e facendo ricorso al capitale di credito e non di rischio. In quest’ottica, allora, si disattivano i meccanismi di postergazione dei finanziamenti effettuati dai soci oppure da chi esercita attività di direzione e coordinamento (ex art. 2467 c.c. e 2497 quinquies c.c.). Si tratta di una norma che, in tempi normali, punta a sanzionare indirettamente i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale, vale a dire quelle situazioni in cui la società dispone sicuramente dei mezzi per l’esercizio dell’impresa, ma questi sono solo in minima parte imputati a capitale perché concessi in gran parte sotto forma di finanziamento. A poter beneficiare della disattivazione, limitandone quindi gli effetti, saranno però soltanto i finanziamenti effettuati entro il 31 dicembre.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN