In caso di quarantena domiciliare per il lavoratore non scatta automaticamente la malattia. Lo chiarisce l’INPS con il messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, applicando una «stretta» sulle regole della quarantena e limitando quanto precedentemente stabilito dal decreto Cura Italia.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 26 del decreto Cura Italia (decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, deve essere computato ai fini del periodo di malattia. Il comma 2 dello stesso articolo 26 equipara a degenza ospedaliera l’intero periodo di assenza dal lavoro di:
- lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (legge 104/1992, articolo 3, comma 3);
- lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita.
Durante tale periodo, debitamente certificato dal medico curante, deve essere riconosciuta l’indennità di malattia.
Ma cosa si intende effettivamente con la parola “quarantena”?
Secondo le recenti indicazioni della circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020, la quarantena per COVID-19 è il periodo di “restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi”.
La medesima circolare ha anche chiarito le tempistiche relative alla durata della quarantena, introducendo le seguenti specifiche:
- Casi positivi asintomatici: isolamento di almeno 10 giorni, al termine del quale va eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
- Casi positivi sintomatici: isolamento di almeno 10 giorni accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
- Casi positivi a lungo termine: interruzione dell’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.
- Contatti stretti asintomatici: periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.
Vediamo ora, alla luce del messaggio dell’INPS n. 3653 del 9 ottobre 2020, quali sono i casi in cui può essere riconosciuta l’indennità economica di malattia per il lavoratore posto in quarantena.
Quarantena/sorveglianza precauzionale e smartworking
L’INPS sostiene che la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili (di cui all’articolo 26 del decreto Cura Italia) siano misure di tipo cautelativo, adottabili al fine di tutelare il lavoratore e la collettività dal rischio, e non rappresentino, quindi, un’incapacità temporanea al lavoro. Per questo motivo, i lavoratori che continuano a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio in modalità smartworking, telelavoro o altre forme alternative alla presenza in ufficio, non hanno diritto al riconoscimento della malattia, salvo il caso in cui la malattia sia conclamata e dimostrata da certificazione del proprio medico curante.
Solo in caso di malattia conclamata, infatti, il lavoratore impossibilitato a svolgere il proprio lavoro ha diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale compensativa della perdita di guadagno.
Quarantena per ordinanza amministrativa
In tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena e, quindi dell’indennità di malattia, in quanto per il riconoscimento della stessa deve essere previsto da un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.
Il provvedimento di riconoscimento della quarantena, e quindi della malattia, deve provenire dalla ASL o dal medico curante, dal momento che il comune o la regione non sono soggetti abilitati.
Quarantena all’estero
In presenza di lavoratori assicurati in Italia che si sono recati all’estero e, successivamente sono stati oggetto di provvedimenti di quarantena da parte delle competenti autorità del Paese straniero, l’accesso alla tutela di malattia deve necessariamente provenire sempre da un procedimento eseguito dalle preposte autorità sanitarie italiane (ASL e medici di base).
Quarantena e cassa integrazione
La circostanza che il lavoratore sia destinatario di un trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS), in deroga (CIGD) o di assegno ordinario garantito dai fondi di solidarietà, determinando di per sé la sospensione degli obblighi contrattuali con l’azienda, comporta il venir meno della possibilità di poter richiedere la specifica tutela prevista in caso di evento di malattia (principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia).
Concludendo, il riconoscimento dell’indennità di malattia in quarantena è riconducibile a soli due casi:
- malattia conclamata per il lavoratore temporaneamente incapace al lavoro;
- malattia stabilita da provvedimento dall’autorità sanitaria (ASL o medico di base).
Sara Leon – Centro Studi CGN