Per sostenere le imprese nel processo di transizione tecnologica e di sostenibilità ambientale nonché per rilanciare il ciclo degli investimenti penalizzato dall’emergenza legata al COVID-19, la Legge di Bilancio 2021 proroga al 2022 e potenzia i crediti d’imposta per la c.d. “Transizione 4.0”, tra i quali spicca il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali. Ma cosa fare nel caso di omessa indicazione, in fattura e negli altri documenti rilevanti, della dicitura recante i riferimenti di Legge?
Da un punto di vista documentale, si ripropone quanto già previsto dalle norme precedenti (art. 1 comma 195 della L. 160/2019), secondo le quali, ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti:
- a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili;
- ad annotare su ogni singola fattura e sugli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati la dicitura che trattasi “Bene al quale spetta il credito d’imposta dell’articolo 1, commi da 184 a 194, della legge 27 dicembre 2019, n. 160” oppure il riferimento alle norme appena entrate in vigore di cui all’art. 1, commi 1054-1058 della L. n. 178/2020.
La mancata indicazione della dicitura in fattura comporta la revoca dell’agevolazione e sul punto ha avuto modo di esprimersi l’Agenzia delle Entrate con le risposte agli interpelli del 5 ottobre 2020, n. 438 e 439, fornendo delucidazioni in merito alle modalità di regolarizzazione.
Stando alle indicazioni dell’Agenzia, è possibile distinguere i seguenti casi, in ragione del formato del documento:
- per i documenti ricevuti in formato cartaceo, il cessionario che riscontri l’assenza dell’indicazione della norma anzidetta potrà riportare autonomamente la dicitura su ciascuna fattura, con “scrittura indelebile” o mediante “utilizzo di apposito timbro”;
- per i documenti ricevuti in formato elettronico, l’acquirente avrà due soluzioni alternative:
- stampare il documento, annotando sulla copia cartacea, con “scritta indelebile”, il riferimento normativo e conservarlo ai sensi dell’art. 39 del DPR 633/72;
- seguendo le indicazioni presenti nelle circolari n. 13/2018 e n. 14/2019, vale a dire “realizzare un’integrazione elettronica da unire all’originale e conservare insieme allo stesso”. In sostanza, senza procedere alla materializzazione della fattura, il cessionario dovrebbe predisporre un altro documento, “da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa”, che dovrebbe successivamente essere trasmesso al SdI (si tratterebbe, in sostanza, della modalità di integrazione “elettronica” delle fatture emesse in reverse charge, che l’Agenzia suggeriva antecedentemente all’introduzione delle nuove specifiche tecniche).
Ci sarebbe una ulteriore possibilità, che veniva proposta dal MISE (FAQ 10.15) in occasione delle modalità di compilazione della fattura emessa in formato elettronico nell’ambito della “Nuova Sabatini”. Il Ministero dello Sviluppo Economico suggeriva la regolarizzazione “mediante l’emissione”, da parte del cedente, “di una nota di credito volta ad annullare il titolo di spesa errato e la successiva emissione di un nuovo titolo di spesa corretto”.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN