Con la conversione in legge del decreto Monti viene anticipata l’entrata in vigore dell’IMU. L’Imposta Municipale sostituisce l’attuale ICI e colpirà tutte le unità immobiliari, ivi inclusa l’abitazione principale. Dopo le modifiche apportate dalla legge di conversione l’aliquota di base che verrà applicata sulla prima casa è del 4 per mille e potrà essere alzata o diminuita dai comuni di due punti: in sostanza l’aliquota dell’abitazione principale potrà oscillare dal 2 al 6 per mille.
Prevista anche una detrazione d’imposta pari a 200 euro, incrementata di 50 euro per ciascun figlio fino ad un tetto massimo di 400 euro.
Discorso a parte per gli immobili diversi dall’abitazione principale. L’aliquota di base è stata fissata al 7,6 per mille e potrà essere modificata verso l’alto o verso il basso di tre punti: le aliquote oscilleranno, pertanto dal 4,6 al 10,6 per mille.
La cosa particolare è quella che l’IMU sull’abitazione principale rimarrà interamente nelle casse dei Comuni mentre l’IMU sugli altri immobili verrà divisa a metà tra Stato e Comuni tenendo presente che la quota dello Stato verrà calcolata applicando alla base imponibile complessiva l’aliquota del 7,6 per mille e non tenendo conto di qualsiasi detrazione o riduzione disposta dal Comune.
Insomma, i Comuni che decideranno di ridurre l’aliquota IMU sugli immobili diversi dall’abitazione principale sopporteranno interamente l’onere della riduzione disposta in quanto la quota spettante allo Stato verrà comunque calcolata applicando l’aliquota base.
La diretta conseguenza di tutto ciò sarà l’improbabile riduzione di aliquote (rispetto a quella base del 7,6 per mille) che i Comuni disporranno.
Finora abbiamo parlato solo di aliquote tralasciando una parte non poco rilevante nel calcolo dell’imposta da versare: la base imponibile. Ebbene, Babbo Natale non ha portato solo aliquote più elevate rispetto alla ormai vecchia ICI ma anche un incremento della base imponibile sulla quale applicare la nuova imposta.
La norma dispone che la base imponibile dell’IMU è costituita dal valore dell’immobile determinato applicando la rivalutazione del 5% alle rendite catastali risultanti al 1° gennaio del 2012 e successivamente appositi moltiplicatori (diversi a seconda della tipologia dell’immobile).
Di seguito si riportano i nuovi moltiplicatori catastali:
– 160 – per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A, ad eccezione della categoria A/10, e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7;
– 140 – per i fabbricati appartenenti al gruppo catastale B e le categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
– 80 – per gli uffici (categoria catastale A/10) e per i fabbricati con categoria catastale D/5 (banche, assicurazioni e istituti di cambio);
– 60 – per i fabbricati appartenenti al gruppo D, ad esclusione della categoria D/5, limitatamente all’anno 2012; dal 2013 il moltiplicatore sale a 65;
– 55 – per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1 (negozi).
Esempio: proprietario di una seconda casa con rendita catastale di euro 800,00 e comune che
ha deliberato un’aliquota IMU del 9 per mille.
Valore: (800 + 5%) x 160 = 134.400,00 euro
IMU da versare: 134.400,00 x 9 per mille = 1.209,60 euro
Le novità non mancano neanche per i terreni agricoli: il valore si ottiene rivalutando del 25% il reddito dominicale e moltiplicandolo poi per il coefficiente 130 (solo nel caso di coltivatori diretti e di imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il coefficiente scende a 110).
In definitiva, anche a seguito delle delibere Comunali, le novità non mancheranno mai, ma una sola cosa è certa: l’aumento delle imposte da versare.
A cura di Paolo Ricci e Luca Ricci – Centro Studi CGN