A causa del diffondersi dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, il Legislatore è si è trovato costretto a prevedere misure a favore dei soggetti più fragili. In particolare, a favore di lavoratori dipendenti disabili ai sensi della Legge n. 104/1992 ovvero a favore di soggetti che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità accertata ai sensi della suddetta Legge, è stato previsto il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione stessa.
Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 21 gennaio 2021, si è espresso in merito, riconoscendo il diritto a prestare l’attività lavorativa in modalità agile a favore di una lavoratrice dipendente convivente con la madre disabile.
Nel caso di specie, la lavoratrice era stata assunta presso un’impresa con sede di lavoro a Roma. A seguito di fusione dell’impresa, la dipendente ha mantenuto identici inquadramento, funzione e sede di lavoro.
Il datore di lavoro comunica alla lavoratrice, dapprima, un distacco presso altra sede di lavoro situata sempre a Roma per un anno e, successivamente, il suo trasferimento presso altra sede dell’impresa situata a Torino.
La lavoratrice ha presentato domanda di congedo straordinario per assistere la madre alla quale, nel frattempo, era stata riconosciuta una disabilità grave ai sensi della Legge n. 104/1992 e, non avendo altro familiare che potesse assisterla, ha anche richiesto più volte al datore di lavoro di essere trasferita presso la sede di lavoro più vicina alla propria residenza, senza ricevere alcuna risposta in merito.
Inoltre, alla dipendente stessa è stata diagnosticata una patologia ansiosa depressiva (claustro-agora fobia) legata alle vicende lavorative che le impedisce di utilizzare mezzi di trasporto pubblici e privati. In conseguenza di tale patologia, la lavoratrice è stata costretta, in un primo momento, ad assentarsi dal lavoro per malattia e successivamente a richiedere un’aspettativa non retribuita per malattia.
In vista dell’imminente superamento del periodo di comporto, la lavoratrice ha presentato ricorso ex articolo 700 c.p.c. (provvedimento d’urgenza) al fine di ottenere l’assegnazione ad un’unità produttiva all’interno del Comune di Roma.
Il Tribunale di Roma, con Ordinanza di accoglimento del ricorso, ha ordinato al datore di lavoro di assegnare la ricorrente ad una sede di lavoro all’interno del Comune di Roma.
A seguito di tale decisione, il datore di lavoro ha trasferito la dipendente presso una sede situata a Roma.
Tuttavia, la lavoratrice contestava la nuova assegnazione, sostenendo si trattasse di un trasferimento ritorsivo e inidoneo ad integrare una corretta ottemperanza all’ordine del Tribunale.
La ricorrente ha preso comunque servizio presso la sede di lavoro cui era stata trasferita e, una volta al lavoro, avrebbe appreso di essere stata assegnata a mansioni diverse rispetto a quelle che svolgeva in precedenza.
Pertanto, a seguito di tali circostanze, la lavoratrice avrebbe dovuto assentarsi nuovamente per malattia per la medesima patologia accertata in precedenza.
La dipendente in questione ha, pertanto, proposto nuovamente ricorso per ottenere l’esatto adempimento dell’Ordinanza emessa ai sensi dell’articolo 700 del c.pc., in quanto era stata assegnata presso la sede di lavoro più lontana nel Comune di Roma rispetto alla propria residenza.
Il Tribunale ha però rigettato il ricorso ritenendo l’Ordinanza emessa pienamente satisfattiva delle richieste effettuate in sede cautelare.
Inoltre, dato il protrarsi dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, la lavoratrice ha richiesto di prestare la propria attività lavorativa in modalità agile ai sensi dell’articolo 39 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, facendo anche presente che la maggior parte dei suoi colleghi stava già svolgendo la prestazione lavorativa da casa. Anche in tal caso il datore di lavoro non ha risposto alle richieste della lavoratrice.
La dipendente ha pertanto proposto ricorso contro l’azienda, chiedendo che venisse accertato e quindi riconosciuto il diritto a svolgere le proprie mansioni in modalità agile.
Nel caso di specie, il Tribunale non ha riconosciuto alcun ostacolo all’esercizio della prestazione lavorativa in modalità agile, in quanto:
- la ricorrente prestava assistenza alla madre disabile;
- le mansioni cui era adibita risultavano compatibili con lo svolgimento dell’attività in modalità agile;
- lo stato di emergenza è stato prorogato, al momento, sino al 30 aprile 2021.
Inoltre, sussistono entrambi i requisiti richiesti per l’adozione di un provvedimento d’urgenza ex articolo 700 c.p.c. (fumus boni iuris e periculum in mora), in quanto “il mancato accoglimento dell’istanza cautelare comporterebbe un pericolo concreto di danno grave ed irreparabile con riferimento alla salute ed integrità fisica della ricorrente e della madre disabile con lei convivente”.
Infatti, lo svolgimento della mansione lavorativa da casa permetterebbe alla lavoratrice di evitare il rischio di un eventuale contagio derivante dallo spostamento per recarsi presso la sede di lavoro e dalla fruizione di spazi comuni nel luogo di lavoro.
Tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa consentirebbe, inoltre, di ridurre il rischio di contagiare la madre convivente, ultraottantenne disabile.
Pertanto, il Tribunale di Rom ha accolto il ricorso, dichiarando il diritto della lavoratrice a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile ai sensi dell’articolo 39 del D.L. n. 18/2020 sino alla cessazione dello stato di emergenza, al momento stabilita al 30 aprile 2021.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato