Il testo della Legge di conversione del DL 201/2011 che è stato approvato alla Camera dei Deputati, introduce un’imposta dal nome nuovo: si tratta dell’IVIE, imposta sul valore degli immobili situati all’estero.
È una imposta patrimoniale pari allo 0,76% da calcolare sul valore degli immobili, che risulta dall’atto di acquisto o dai contratti o, in mancanza di essi, sul valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
La pagheranno i proprietari degli immobili o i titolari di altri diritti reali sugli stessi, purché siano persone fisiche residenti nel territorio dello Stato Italiano.
A pagarla saranno dunque non solo i cittadini italiani che possiedono case fuori dall’Italia, ma anche i cittadini comunitari ed extracomunitari che pagano le imposte regolarmente nel nostro paese.
L’imposta è dovuta “a decorrere dal 2011” e quindi già dal prossimo anno si dovrà pagare la tassa per il 2011, come le imposte sui redditi. La norma chiarisce che “è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso”, ragion per cui l’IVIE sarà dovuta in ragione dei mesi di possesso durante l’anno solare.
Nonostante il sistema di calcolo dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero sembri essere più semplice di quello riguardante l’IMU, numerose sono le perplessità che accompagnano l’introduzione della nuova norma.
Infatti tale norma, comprendendo nel suo ambito applicativo qualsiasi residente in Italia che sia o meno cittadino italiano, creerà delle evidenti difficoltà applicative: sarà tassato l’italiano che possiede l’appartamento a Berlino ma anche lo straniero immigrato residente in Italia che possiede una casa a Tirana o a Dakar, dove potrebbe essere veramente difficile risalire al valore di mercato di un immobile acquistato con atti di acquisto redatti all’estero, che dovranno essere tradotti con difficoltà e che spesso non riportano l’indicazione del prezzo.
Inoltre, sino ad ora gli immigrati nel territorio italiano hanno potuto dichiarare la loro casa in patria inserendola nella sezione II del modulo RW del Modello Unico senza pagare imposte per tutte quelle case che non producono redditi, perché lasciate disabitate o prestate ai familiari. Con la nuova imposta non sarà più così e gli immigrati regolari avranno un nuovo ulteriore peso da sostenere.
Per evitare fenomeni di doppia imposizione, il provvedimento stabilisce che dall’imposta dovuta il contribuente potrà dedurre un credito d’imposta, fino a concorrenza del suo ammontare, pari al valore dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile. Dato che spesso nel paese d’origine le imposte sulla prima casa sono ridotte, il contribuente straniero residente nel nostro paese potrebbe ritrovarsi a versare in Italia una discreta differenza d’imposta.
Altro aspetto critico nascerà dal fatto che l’IVIE si fonda su concetti di diritto interno che si dovranno applicare nel contesto di un ordinamento straniero che non li conosce del tutto o che li percepisce in maniera differente. In particolare si pensi al concetto di “diritto reale”, difficilmente gestibile al di fuori del contesto italiano.
Inoltre, è frequente che gli immobili siano stati comprati all’estero parecchi anni fa e il valore risultante dall’atto di vendita sia molto ridotto in rapporto ai prezzi attuali di mercato, oltre a essere espresso in una valuta straniera.
In conclusione, non è possibile non considerare quello che può rivelarsi uno dei maggiori punti deboli della nuova tassa sugli immobili situati all’estero: il fatto che le persone giuridiche non sembrano essere ricomprese all’interno dei soggetti passivi che pagheranno tale imposta.
Ciò porterebbe all’esclusione tutte le società che possiedono immobili all’estero come “copertura” delle persone fisiche effettivamente titolari della proprietà.
Autore: Giovanni Fanni – Centro Studi CGN