Conservare la documentazione per poter dimostrare l’ammissibilità e l’inerenza delle spese pluriennali per un tempo che, a seconda dei casi, potrebbe arrivare fino a 15, 20, 30 anni o a tempo indefinito, è un aspetto del tutto normale in un Paese normale. Sembra essere questa l’amara conclusione di fronte alla decisione a Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha suscitato, manco a dirlo, dubbi e perplessità tra gli addetti ai lavori. Ma procediamo con ordine e analizziamo, nei suoi tratti essenziali, l’importante decisione del massimo grado di giudizio alla quale tutte le prossime sentenze (anche della stessa Corte di Cassazione) dovranno uniformarsi.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta sul tema inerente i poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria per quanto concerne le spese pluriennali sostenute in periodi di imposta per i quali potrebbe considerarsi decaduto il potere di rettifica.
Si tratta di una decisione con risvolti di carattere generale che, da un punto di vista pratico, si traduce nelle seguenti implicazioni:
- un fabbricato acquistato nel 2000 che viene ammortizzato al 3% ogni anno, posto che esporrà l’ultima quota di ammortamento (salvo dismissioni) nel 2033, obbligherà il contribuente a conservare la documentazione fino all’anno 2039. Fino a quel momento, infatti, l’Agenzia delle Entrate, qualora in occasione di un controllo ritenesse non deducibile il costo di quel fabbricato, potrebbe recuperare l’ultima quota di ammortamento imputata nel 2033 che soggiace ai termini di decadenza fino al 31 dicembre 2039. Il contribuente sarà tenuto a conservare la documentazione relativa all’acquisto effettuato, oltre a dimostrare l’ammissibilità ai fini fiscali delle quote dedotte;
- stessa logica per quanto concerne le dichiarazioni presentate dai contribuenti cd. privati che devono conservare la documentazione per le spese pluriennali. Per i bonus edili da ripartire in cinque o dieci anni, l’Agenzia, a prescindere dalla decadenza dell’anno di imposta nel quale è stata sostenuta la spesa iniziale, potrebbe verificare il requisito dell’inerenza e la correttezza di spese sostenute tempo addietro. Per una ristrutturazione edilizia sostenuta nel 2011, con ripartizione della spesa fino al 2020, si obbligherà il contribuente a conservare la documentazione fino al 2025, in quanto l’Agenzia potrà richiedere e contestare la quota imputata fino all’anno 2025 (per accertare il 2020);
- se si tratta di situazioni con riporto illimitato nel tempo (perdite fiscali, eccedenze di interessi, eccedenze di Rol, eccedenze Ace), potrebbe verificarsi la situazione di dover conservare i documenti per un tempo indefinito.
Per non lasciare spazio a interpretazioni, nella massima della sentenza in commento che si riporta integralmente si legge quanto segue: “Il potere di accertamento, che va esercitato entro termini decadenziali, riguarda ogni singolo periodo d’imposta, che è espressione di un’obbligazione tributaria autonoma. Da ciò deriva che, nelle ipotesi in cui il fatto fiscalmente rilevante ha riflesso su più periodi d’imposta, non è necessario che l’Erario accerti, necessariamente, il primo anno in cui, ad esempio, il bene è entrato in funzione ed è stata dedotta la prima quota di ammortamento. Rimane ferma la decadenza degli anni in cui sono state dedotte le quote antecedenti. Il principio rileva in ogni situazione, non solo per le componenti reddituali del reddito d’impresa (accantonamenti, ammortamenti), ma anche per:
- il controllo formale scaturente da spese che danno origine a detrazioni che vanno dilazionate su più anni;
- crediti di imposta, come ad esempio ricerca e sviluppo, che possono avere una dimensione pluriennale;
- riporto a nuovo delle perdite di impresa.
Il contribuente deve conservare la documentazione giustificativa ad esempio della spesa sino allo spirare del termine di decadenza dell’ultima annualità, quand’anche fossero decorsi i dieci anni ex art. 8 della L. 212/2000.
È possibile sintetizzare il ragionamento della massima assise dei giudici di legittimità nei seguenti passaggi tratti dalla decisione.
Dal punto di vista del contenuto, “la dichiarazione dei redditi costituisce una narrazione di fatti (elementi o dati o informazioni) giuridicamente rilevanti perché ricostruiti in funzione impositiva. La dichiarazione non espone diritti né posizioni giuridiche soggettive del contribuente, ma solo componenti economici e patrimoniali che l’ordinamento prende in considerazione in quanto determinativi di un risultato algebrico nel quale la legge individua il reddito imponibile di quell’anno (solo quello)”.
Con riguardo ai limiti dei controlli dell’Amministrazione finanziaria, “la mera indicazione unilaterale di un fatto, valevole per legge solo per l’anno al quale la dichiarazione si riferisce, non può di per sé esplicare alcun effetto preclusivo sull’azione dell’amministrazione finanziaria che voglia contestare quello stesso fatto una volta dichiarato «ex novo» in una dichiarazione diversa, in quanto concernente un’altra annualità di imposta nella quale quello stesso fatto continui a rilevare”.
Dalle premesse di cui sopra ne deriva un onere di conservazione per il contribuente in quanto “Una volta stabilito che la deduzione dell’elemento pluriennale in ogni singola annualità di imposta espone il contribuente alla potestà di accertamento dell’amministrazione indipendentemente dalla decadenza nella quale quest’ultima sia incorsa sulle annualità pregresse, non pare inesigibile che il contribuente sia onerato della conservazione delle scritture, non sine die, ma fino allo spirare del termine di rettifica dell’ultima dichiarazione accertabile”;
Altra conseguenza concerne l’estensione temporale dell’azione del Fisco perché “nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’amministrazione dalla potestà di accertamento va riguardata in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato”.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN