La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21760 del 29/07/2021, ha chiarito quando può essere disposta la sospensione dell’attività, in caso di mancata emissione dello scontrino.
Nella specie l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che, in accoglimento dell’appello della società contribuente, aveva annullato l’atto di irrogazione della sanzione (accessoria), consistente nella sospensione dell’esercizio dell’attività per la durata di tre giorni, emesso per violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.
Il giudice di appello aveva evidenziato, da un lato, che lo scostamento tra gli importi incassati (mediante utilizzo da parte degli acquirenti di carte di credito) e quelli esposti nei relativi documenti fiscali era marginale rispetto al numero delle vendite operate nel periodo in osservazione e, dall’altro, che un tale scostamento poteva comunque trovare giustificazione nella eventualità che i pagamenti potessero essere stati effettuati in parte con carta di credito e, per la parte residua, in contanti, per cui non vi era certezza della violazione contestata.
L’Amministrazione finanziaria, nell’impugnare la sentenza di secondo grado, censurava il fatto che i giudici avessero annullato l’atto impositivo benché le violazioni poste a fondamento della sanzione accessoria fossero state rilevate dalla Guardia di Finanza in due processi verbali di constatazione.
L’Agenzia delle Entrate evidenziava, inoltre, l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva ignorato il principio per cui l’irrogazione della sanzione di sospensione dell’attività non è impedita dalla definizione delle pendenze derivanti dall’irrogazione delle sanzioni principali.
Secondo la Suprema Corte le censure erano fondate.
Evidenziano i giudici di legittimità che la normativa di specie prevedeva che qualora fossero state contestate, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, poteva essere disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per un periodo da tre giorni ad un mese.
Tale formulazione normativa era peraltro frutto della modifica operata rispetto alla precedente versione, sostituendo il presupposto del definitivo accertamento delle violazioni rilevate con quello della mera contestazione delle stesse violazioni.
Da ciò conseguiva quindi che, in sede di impugnazione dell’atto di irrogazione della sanzione accessoria della sospensione dell’attività, il contribuente non poteva comunque eccepire l’insussistenza delle violazioni, essendo appunto sufficiente che le stesse fossero state ritualmente contestate.
Rileva infine la Cassazione che, avendo tale disciplina carattere speciale rispetto alla norma generale, l’irrogazione della sanzione accessoria non era neppure impedita dalla definizione agevolata.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.
Tale provvedimento prescinde dal valore dei corrispettivi non documentati e quindi può “scattare” anche per pochi euro.
Le quattro violazioni poste a fondamento della sanzione non devono peraltro essere contestate con quattro separati atti, atteso che, oltre a contrastare con la lettera della norma (la quale non prescrive una tale modalità), la ratio legis della disposizione si sostanzia nel sanzionare la condotta illecita rappresentata dalla quadrupla infrazione infraquinquennale, a prescindere dalle modalità con le quali poi la stessa venga contestata.
Giovambattista Palumbo