Iscrizione ipotecaria indebita e richiesta di risarcimento danni

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 36215 del 23.11.2021, si è pronunciata sul profilo relativo alla richiesta di risarcimento danni a carico dell’Amministrazione finanziaria in caso di iscrizione di ipoteca nonostante la sospensione giudiziale della cartella prodromica.

Nel caso di specie, la società contribuente proponeva ricorso avverso l’iscrizione ipotecaria, effettuata dall’Agente della Riscossione su beni di proprietà della stessa, a fronte di un credito pari ad Euro 8.055.353,97, deducendo la nullità dell’atto per inesistenza della notifica, essendo stato l’avviso comunicato a mezzo raccomandata e non già con le forme previste dall’art. 60 del Dpr. n. 600 del 1973.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, dichiarando l’inesistenza dell’atto, atteso che la notifica non era stata effettuata ritualmente, in assenza di relata di notifica, ma rigettava la richiesta di condanna al risarcimento danni da parte dell’Amministrazione finanziaria, ex art. 96 c.p.c..

Il concessionario per la riscossione proponeva quindi appello principale e la società contribuente proponeva appello incidentale (sulla condanna al risarcimento danni).

La Commissione Tributaria Regionale rigettava entrambi gli appelli, ritenendo che la notifica dell’iscrizione ipotecaria potesse avvenire solo mediante le forme di cui agli artt. 137 e ss. c.p.c. e che il comportamento dell’Agente della Riscossione non potesse però essere connotato da colpa grave.

Avverso tale pronuncia proponeva infine ricorso per cassazione l’Agente per la riscossione, deducendo l’erroneità della sentenza per avere la CTR ritenuto inesistente la notifica dell’avviso di iscrizione ipotecaria, in quanto atto non direttamente notificabile a mezzo del servizio postale.

Con un secondo motivo di ricorso, parte ricorrente deduceva poi che, erroneamente, la sentenza impugnata aveva ritenuto la notifica inesistente invece che nulla, con conseguente impossibilità di applicare l’art. 156 comma 3 c.p.c.

La società contribuente, per parte sua, proponeva ricorso incidentale, articolato in due motivi.

Con il primo motivo la società contribuente censurava la sentenza impugnata laddove negava la sussistenza dei presupposti ex art. 96, comma 2, c.p.c., atteso che l’agente della riscossione aveva proceduto all’iscrizione dell’ipoteca in assenza di efficacia del titolo, che era stato sospeso, ed aveva resistito nel processo per colpa grave.

Con il secondo motivo, deduceva la violazione degli artt. 15 Dlgs. n. 546 del 1992, 91 e 92 c.p.c., nonché del Dm. Giustizia n. 55/14, affermando che la CTR aveva errato nel compensare le spese di lite nella misura del 50%, errando anche nell’applicazione della tabella dei compensi.

Tanto premesso, secondo la Suprema Corte, il primo motivo di impugnazione del ricorso principale era fondato.

La Cassazione afferma che, come già stabilito con la sentenza della Sezione tributaria n. 16949/2014, la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione alla previsione di cui all’art. 26 del Dpr. n. 602/1973, che prescrive l’onere per il concessionario di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, con l’obbligo di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (cfr., Cass. n. 9240/2019).

Quando l’ufficio si avvale di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano quindi le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982 (per tutte, Cass. n. 19795 e n. 14501/2017; Cass., n. 8293/2018; e Corte costituzionale del 23 luglio 2018 n. 175).

Da tale impostazione, la stessa Corte fa discendere la conseguenza che, in tutti i casi di notifica postale diretta di un atto tributario, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico.

L’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve pertanto ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se lo stesso dia prova di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione della notifica, anche laddove eseguita mediante consegna a persona diversa dal diretto interessato, ma comunque abilitata alla ricezione per conto di questi. E in tal caso la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal consegnatario.

Tale principio, afferma la Corte, è applicabile anche alla notifica degli avvisi di iscrizione ipotecaria (cfr., Cass. n. 21663 del 2015).

In tal caso, la notifica si perfeziona pertanto con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di una apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario dell’atto.

Il secondo motivo del ricorso principale era di conseguenza assorbito.

La Corte di Cassazione passava infine ad esaminare il ricorso incidentale e rilevava come il primo motivo sollevato era infondato.

Evidenziano a tal proposito i giudici di legittimità che parte ricorrente assumeva la violazione dell’articolo 96 c.p.c., sussistendo, a suo avviso, la colpa grave dell’agente della riscossione nell’iscrivere l’ipoteca nonostante la sospensione giudiziale della cartella prodromica, e nel resistere in giudizio senza provvedere (se non a seguito di ulteriore diffida stragiudiziale) alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria stessa.

Tale comportamento, affermava la società, aveva causato gravissimi e documentati danni, laddove la stessa contribuente si era vista negare vari finanziamenti bancari proprio per iscrizione pregiudizievole.

La suprema Corte ritiene tuttavia che, come anche recentemente affermato dalla stessa Cassazione (Cass., Sez. 3, n. 23661/20), l’iscrizione di ipoteca, ai sensi dell’art. 77 del Dpr. n. 602 del 1973, sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell’imposta, non è riconducibile all’ipoteca legale prevista dall’art. 2817 c.c., né è ad essa assimilabile, mancando un preesistente atto negoziale il cui adempimento il legislatore abbia inteso garantire.

Essa, peraltro, neppure può accostarsi all’ipoteca giudiziale, disciplinata dall’art. 2818 c.c., con lo scopo di rafforzare l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria avente titolo in un provvedimento del giudice, fondandosi invece questa su di un provvedimento amministrativo (cfr., Cass. 7/03/2016, n. 4464 e Cass., 20/12/2017, n. 30569).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del Dpr. 29 settembre 1973, n. 602 non costituisce dunque atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria (cfr., Cass., S.U.., 18/09/2019), essendo un atto solo preordinato all’esecuzione, avente funzione di garanzia e di cautela (cfr., Cass. 30/05/2018, n. 13618).

Ne conseguiva, pertanto, l’inapplicabilità dell’art. 96 secondo comma c.p.c., che fa espresso riferimento al caso in cui il giudice accerta l’inesistenza del diritto per cui è iscritta ipoteca giudiziale, oppure è iniziata o compiuta l’esecuzione forzata.

Il secondo motivo di ricorso incidentale era poi assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.

Giovambattista Palumbo