IMU: la potestà dei Comuni

In materia di IMU, soggetto attivo del tributo è ancora il Comune presso cui il fabbricato, l’area edificabile o il terreno è totalmente, o almeno prevalentemente, ubicato.

I Comuni, in merito, dovranno nominare un funzionario responsabile per fornire i necessari pareri tecnici sulle proposte di deliberazioni tariffarie e regolamentari.
A tal fine, è necessario ricordare, infatti, che in base al disposto dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, i Comuni hanno il potere di emanare un regolamento in materia di entrate tributarie.
L’articolo 52 del  D.Lgs. n. 446/1997, infatti, riconosce una generale potestà regolamentare dei comuni in materia di tributi locali.

Tale potere trova il suo fondamento principalmente nella legge 8 giugno 1990, n.142 (sostituita dal D.Lgs. n. 267/2000 “Ordinamento degli Enti locali – Approvazione del Testo unico”), la quale aveva riconosciuto ai comuni:
•    l’autonomia finanziaria, cioè il diritto degli stessi di provvedere alle proprie necessità contando fondamentalmente sulle proprie entrate;
•    l’autonomia impositiva, ossia la possibilità di raggiungere l’autonomia finanziaria attraverso l’imposizione di tributi propri;
•    l’autonomia normativa, attraverso l’emanazione degli statuti e dei regolamenti.

In materia tributaria, tuttavia, tale potere delle autonomie locali doveva comunque essere circoscritto entro i limiti previsti dalla Costituzione. Infatti, secondo l’articolo 23, “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”; pertanto, l’istituzione e la disciplina generale dei tributi è materia “riservata” alla legge.

Ne deriva che, in base a quanto disciplinato dall’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, i Comuni hanno una potestà regolamentare generale in materia di gestione delle entrate tributarie, a eccezione di ciò che attiene:
•    alla determinazione della fattispecie imponibile;
•    all’identificazione dei soggetti passivi;
•    alla fissazione dell’aliquota massima.

Con l’introduzione delle disposizioni che regolamentano l’IMU, quindi, nei limiti di quanto sopra riportato, i Comuni dovranno:
•    deliberare sulle aliquote applicabili;
•    approvare il relativo regolamento applicativo.

Per ciò che riguarda il primo dei due aspetti, si ricorda che ai Comuni è data facoltà di modificare l’aliquota base, l’aliquota ridotta per l’abitazione principale (in più o in meno), rispettivamente, fino a 0,3 e fino a 0,2 punti percentuali.

Ogni decisione, tuttavia, dovrà anche tenere conto della possibilità di intervenire anche sulle aliquote relative all’addizionale comunale all’Irpef essendo venuto meno il disposto dell’art. 1, comma 11, D.L. n. 138/2011 che attuava, in merito, un blocco tariffario.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, invece, l’art. 13, comma 14, D.L. n. 201/2011 (cosiddetto decreto Salva Italia), ha abrogato soltanto alcune delle disposizioni sulle quali i Comuni avevano potestà regolamentare in materia di ICI e ha lasciato invariate le altre che, pertanto, si applicano in materia di IMU.

Sulla base di quanto sopra evidenziato, i Comuni, dovranno approvare il regolamento per regolare la parte procedurale del tributo in esame, come l’introduzione dell’accertamento con adesione o degli ulteriori istituti deflattivi del contenzioso, per stabilire l’importo minimo di versamento, l’importo minimo per richiedere il rimborso dell’imposta, etc.

Dovranno, altresì, approvare il suddetto regolamento per confermare le agevolazioni ICI che sono “rimaste in vita” dopo l’approvazione del D.L. n. 201/2011, come quella che dà la possibilità al contribuente di chiedere il rimborso dell’imposta per le aree divenute inedificabili, ai sensi della lettera f), comma 1, art. 59 D.Lgs. n. 446/1997, ovvero di stabilire se l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504/1992, riguardante gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali si applica soltanto ai fabbricati e a condizione che gli stessi, oltre a essere utilizzati, siano anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore.