Il Decreto Legge del 4 maggio 2023, n. 48 recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, varato dal Consiglio dei Ministri nella seduta dello scorso 1° maggio, introduce importanti novità per il mondo del lavoro.
Il provvedimento, in vigore dal 5 maggio, prevede, infatti, interventi sulla normativa relativa ai contratti di lavoro a termine, sulle misure di sostegno al reddito e sugli incentivi per l’assunzione di giovani e sulla riduzione del cosiddetto cuneo fiscale.
Con riferimento alla disciplina sui contratti di lavoro a tempo determinato, l’Esecutivo modifica il Testo unico dei contratti di lavoro (Decreto Legislativo n. 81/2015), introducendo nuove causali da poter apporre al contratto, sostituendole alle precedenti, ora abrogate. Resta, invece, valido il principio della “acausalità” del contratto per i primi 12 mesi di durata.
In particolare, viene disposto che il contratto di lavoro a termine può avere una durata superiore ai 12 mesi e, comunque, entro il limite dei 24 mesi o del diverso termine previsto dalla contrattazione collettiva applicata, per effetto di un unico contratto o di proroghe, solamente nelle seguenti ipotesi:
- nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. n. 81/2015 ossia nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ovvero dalle loro RSA o RSU;
- in assenza di una disciplina da parte della contrattazione collettiva nei casi eventualmente disciplinati dalla contrattazione collettiva aziendale;
- se non presente alcuna tipologia di contrattazione collettiva e, comunque, entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
- per la sostituzione di altri lavoratori.
Tali causali devono essere apposte al contratto di lavoro a tempo determinato anche in caso di rinnovo del contratto, a prescindere dal superamento dei 12 mesi di durata dello stesso.
Resta in ogni caso salva la possibilità per le parti di stipulare un ulteriore contratto a termine, della durata massima di 12 mesi, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente purché sussistano le causali disciplinate come sopra riportato.
Inoltre, viene abrogata la disposizione che permetteva alla contrattazione di prevedere specifiche esigenze per apporre al contratto di lavoro un termine superiore a 12 mesi, valida sino al 30 settembre 2022.
La nuova disciplina individua, dunque, la contrattazione collettiva quale primo strumento di identificazione delle causali contrattuali introducendo una sorta di “gerarchia”: se le causali sono già identificate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriali queste dovranno essere ritenute le uniche valide; in difetto potrà intervenire la contrattazione aziendale.
Solo in ultima istanza, il legislatore apre alle parti stipulanti il contratto individuale di lavoro la possibilità di definire specifiche esigenze, che devono essere collegate alla natura tecnica, organizzativa o produttiva e comunque per un periodo limitato e cioè per contratti a termine stipulati entro il 30 aprile 2024.
Infine, il Decreto Lavoro individua alcuni casi di esclusione dalla nuova disciplina, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2015 vigenti anteriormente al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del Decreto Dignità).
Si tratta dei contratti stipulati dai seguenti soggetti:
- pubbliche amministrazioni;
- università private, incluse le filiazioni di università straniere;
- istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
- enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato