Arrivano le prime decisioni da parte dei Giudici tributari inerenti all’applicazione del periodo di sospensione di 85 giorni dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale, inizialmente prevista dal decreto Cura Italia. Si tratta di decisioni che mostrano una certa insofferenza verso le tesi dell’amministrazione finanziaria che ritengono applicabile la proroga per tutte le annualità i cui termini ricadono di passaggio nel 2020.
È il caso di richiamare la norma dove all’art. 43 del DPR 600/1973 dispone che l’avviso di accertamento va notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. In caso di omessa dichiarazione, l’avviso di accertamento deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Medesime regole valgono per l’IVA (ex art. 57 del DPR 633/72).
Durante il periodo pandemico, il legislatore è intervenuto con due disposizioni per far fronte all’emergenza:
- l’articolo 67 del Decreto Cura Italia (DL n. 18/2020) che ha disposto per l’Agenzia delle Entrate e per altri enti impositori la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione, interpello, adempimento collaborativo, procedure di collaborazione e cooperazione rafforzata, accordi preventivi, patent box, accessi ad Anagrafe Tributaria e altri accessi;
- l’art. 157 comma 1 del Decreto Rilancio (DL n. 34/2020), secondo cui gli atti di accertamento in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020 dovevano essere emessi, nel senso di sottoscritti dal funzionario competente, entro il 31 dicembre 2020 ma notificati tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022.
La disputa riguarda la tesi dell’Amministrazione formulata durante la video conferenza del 27 gennaio 2020 che ha esteso la proroga di 85 giorni (intercorrenti dall’8 marzo al 31 maggio) del termine di prescrizione e decadenza non solo per l’anno d’imposta i cui termini scadevano nel 2020 (anno d’imposta 2015 in caso di dichiarazione presentata) ma anche per i periodi d’imposta “i cui termini sono di passaggio nel 2020” corrispondenti agli anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020.
Con una serie di sentenze (C.G.T. I Latina 25 ottobre 2023 n. 974/3/23 – C.G.T. I Prato 31 ottobre 2023 n. 87/2/23 – C.G.T. I Torino 21 novembre 2022 n. 890/6/22) tutte contrarie agli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate, i giudici tributari rilevano l’irrazionalità e gli effetti fortemente penalizzanti per il contribuente. In sostanza per tutte le annualità di passaggio e ancora accertabili al 2020 (annualità 2016-2020) non vi è spazio per un effetto a cascata. L’unica annualità che ha visto allungarsi di 85 giorni i termini decadenziali è quella del 2015 per via dell’art. 67 del decreto Cura Italia che deve ritenersi superato, in quanto detto periodo è stato ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del D.L. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio).
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN