Nel mese di maggio l’Agenzia delle Entrate ha inviato ai contribuenti le comunicazioni riguardanti le irregolarità sui modelli dichiarativi del 2022, periodo d’imposta 2021. Sin qui sembrerebbe tutto ordinario, ma non lo è.
Stavolta le comunicazioni riguardano perlopiù sanzioni su tardivi versamenti degli acconti 2021, in totale noncuranza del fatto che le norme stesse intervenute in quell’anno avevano consentito ai contribuenti di prorogarne i versamenti.
Ma il problema è ancora più grave, riguarda i rapporti stessi tra Inps e Agenzia delle Entrate. Tutti noi commercialisti siamo cresciuti negli anni leggendo di accordi bilaterali e convenzioni tra i due enti che riguardavano incrocio delle banche dati, cooperazione informatica e coordinamento operativo. Ma è dolente ammettere come, a distanza di tanti anni dal primo accordo siglato tra i due, ancora ci si debba imbattere su problemi di coordinamento operativo e normativo di base.
I casi più frequenti sono quelli dei soci di SRL artigiane e commerciali iscritti nelle rispettive gestioni previdenziali (appunto Inps artigiani e Inps commercianti) che, ai fini dell’obbligo del versamento contributivo, sono tenuti alla compilazione del quadro RR del modello redditi PF. Nell’anno 2021 questi soggetti hanno usufruito della possibilità di prorogare il versamento dell’acconto 2022 sulla base del decreto sostegni-bis (art. 9-ter del DL 73/2021) che aveva loro consentito di pagare quanto dovuto entro la data del 15/09/2021 al posto di quella del 30/07/2021 inizialmente fissata. Nonostante la norma li autorizzasse con chiarezza ad operare in tal senso, anche col supporto di un consolidato orientamento di prassi che includeva i contribuenti che partecipano a società soggette a ISA tra quelli inclusi nel beneficio della legge, nel mese di maggio si sono visti recapitare le lettere da parte dell’Agenzia delle Entrate per tardività sui versamenti. Sicuri del loro, hanno delegato al commercialista l’onere di richiedere l’annullamento dell’atto tramite il canale CIVIS trovando una spiacevole sorpresa. Gli uffici stanno provvedendo ad annullare le sanzioni e gli interessi sulle tardività di versamento riguardanti imposte di loro competenza ma non lo stanno facendo sulla parte Inps. La motivazione è che “le tardività riguardanti i contributi previdenziali non possono essere regolarizzate in quanto di competenza dell’Inps”. L’invito, non velato ma manifestato candidamente, è quello di “rivolgersi all’ente competente”.
Intanto però resta in capo al contribuente la sanzione da pagare entro 30 giorni con codice tributo 9001, che curiosamente si riferisce ai debiti fiscali rilevati nell’ambito delle procedure di accertamento automatiche (di cui agli artt. 36-bis e 54-bis del dpr 600/73).
L’Ufficio che ha emesso l’atto, alla richiesta di annullamento dell’atto perché ingiusto, si dichiara incompetente su parte del contenuto stesso dell’atto emanato. Un paradosso italiano.
Giovanni Fanni – Centro Studi CGN