CPB, dubbi in cerca di chiarimenti

Dubbi amletici in vista della scadenza del prossimo 31 ottobre per le adesioni al nuovo istituto del concordato preventivo fiscale. Al decreto istitutivo (D. Lgs. n. 13/2024) ha fatto seguito il correttivo (D. lgs. 108/2024) e le numerose novità rendono opportuni dei chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria. che da più parti si auspica possano arrivare in tempi brevi.

Tra le tante situazioni in cerca di luce, si pone il caso dei contribuenti che hanno avuto la necessità di presentare la dichiarazione dei redditi in anticipo rispetto alla scadenza, il più delle volte apponendo il visto di conformità per compensare i crediti rinvenienti dalla dichiarazione con i debiti tributari, lasciando in bianco i quadri relativi al concordato preventivo. Non ci dovrebbero essere dubbi per quanto concerne la possibilità per il contribuente di presentare, entro il 31 ottobre, una dichiarazione correttiva nei termini, inserendo il quadro P (soggetti ISA) o compilando i righi LM60-LM64 (forfettari) per formalizzare l’adesione. Più complessa la situazione di chi, invece, presenta la dichiarazione dei redditi tardiva, vale a dire entro 90 giorni dalla scadenza, posto che la dichiarazione tardiva è valida a tutti gli effetti. In quest’ultimo caso, sono diffusi i dubbi circa la validità dell’adesione al concordato preventivo formulato in sede di dichiarazione tardiva. Dovrebbe valere la tesi che l’adesione al concordato deve essere esercitata entro il 31 ottobre 2024. Pertanto, la dichiarazione tardiva sarebbe valida a tuti gli effetti ma non ai fini dell’adesione al concordato preventivo  Stesso ragionamento potrebbe valere circa la possibilità di integrare una dichiarazione dei redditi già presentata formulando o ritirando l’adesione al concordato.

Con riguardo ai requisiti per l’accesso, il concordato preventivo fiscale non è applicabile se in capo al contribuente (ISA o forfetario) risultano

  • debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate
  • debiti contributivi,

definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione.

Il requisito di accesso riferito alla sussistenza dei debiti tributari o previdenziali va riscontrata sul soggetto ammissibile al concordato preventivo biennale. Il dubbio da sciogliere definitivamente riguarda i soggetti Srl trasparenti e soggetti di cui all’art. 5 del TUIR: si è dell’idea che per tali soggetti debbano considerarsi irrilevanti eventuali pendenze personali dei soci e/o degli associati.

Un’altra situazione che genera dubbi riguarda le cause di esclusione dove la norma (ex arti. 24, comma 1, D.lgs. 13/2024) prevede che: “Non possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta”.

La questione concerne ciò che si deve intendere per “inizio l’attività”, vale a dire la data di apertura della partita IVA oppure la data di effettivo inizio documentabile dalla comunicazione al registro imprese l’esercizio, oppure l’esercizio a partire dal quale vengono conseguiti i primi ricavi/compensi oppure vengono sostenuti i primi costi afferenti alla produzione dei ricavi.

La disputa contiene molteplici sfumature per quanto concerne una serie di situazioni concrete che riguardano:

  • l’apertura della partita IVA in un anno d’imposta (per esempio il 2022) con inizio effettivo dell’attività successivamente (per esempio il 2023);
  • i soggetti che svolgono diverse attività che hanno iniziato, modificato o cessato un’attività nel corso del 2023.

Per i forfettari si discute su come tassare i redditi quando il contribuente nel 2024 incassa ricavi/compensi eccedenti la soglia massima di euro 100.000, ma non oltre 150.000 euro. Non si realizza, in questo caso, la nuova causa di cessazione dal concordato prevista nell’articolo 32, lett. b-bis, sebbene si esca dal regime agevolato già con decorrenza dal periodo d’imposta 2024. La questione attiene alla combinazione delle regole ordinarie di tassazione con la tassazione incrementale agevolata prevista del concordato per i soggetti ISA e forfettari.

Un altro aspetto problematico è rappresentato dai forfettari che determineranno il secondo acconto dell’imposta sostitutiva con metodo storico. La norma prevedere testualmente che “per il primo periodo d’imposta di adesione al concordato se l’acconto è determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10 per cento ovvero al 3 percento nel caso di cui all’articolo 1, comma 65, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo d’imposta precedente”. Tra i tanti problemi applicativi della norma in questione, si segnala anche la circostanza che l’applicazione del metodo storico potrebbe portare a versamenti di acconti superiori a quanto effettivamente dovuto.

 

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN