Qual è il corretto trattamento IVA per la cessione di beni a titolo gratuito nei confronti della Pubblica Amministrazione da parte di una società italiana partecipante a un gruppo IVA per il sostegno a un Paese terzo colpito da calamità?
E’ possibile applicare il regime di non imponibilità IVA previsto dall’articolo 8, primo comma, lettera b-bis) del D.P.R. N. 633/72? E’ possibile applicare la norma in mancanza dell’emanazione del decreto attuativo previsto dall’articolo 8, primo comma, lettera b-bis del DPR 633/72?
Con la risposta n. 182/2024 pubblicata lo scorso 12 settembre 2024 l’Agenzia delle Entrate risponde ai quesiti in oggetto e affronta una questione rilevante per quanto riguarda la cessione gratuita di beni da parte di una società nei confronti della Pubblica Amministrazione, per il sostegno a un Paese terzo colpito da calamità.
In primis, l’Agenzia delle Entrate ricorda che sono considerate cessioni all’esportazione non imponibili le cessioni nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell’elenco di cui all’articolo 26, comma 3, legge n. 125/2014 ma a determinate condizioni.
Una di queste è la prova dell’avvenuta esportazione dei beni. Il cessionario deve trasportare o spedire i beni fuori del territorio dell’Unione Europea, anche attraverso un soggetto che lo effettua per suo conto, entro 180 giorni dalla consegna; le cessioni dei beni devono avvenire in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo.
La norma prevede che la prova dell’avvenuta esportazione dei beni debba essere data dalla documentazione doganale (lettera b-bis dell’articolo 8 del decreto IVA). Questo aspetto assume particolare rilevanza dal momento che, ai fini della prova dell’avvenuta esportazione, la norma richieda esclusivamente la documentazione doganale.
Tuttavia, sebbene la destinazione della merce all’esportazione debba, in linea di principio, essere provata da adeguata documentazione doganale, oppure dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura o su un esemplare della bolla di accompagnamento o, dal documento di trasporto, oppure secondo modi e tempi previsti da appositi decreti ministeriali, in base all’orientamento giurisprudenziale è possibile considerare anche altre forme di prova a determinate condizioni e con ogni mezzo “non potendosi addebitare all’esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non ha la disponibilità”.
Ai fini della validità della prova, si richiede che la stessa sia certa e incontrovertibile, quale è, per esempio, l’attestazione di pubbliche amministrazioni del paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana.
L’articolo 1, comma 4 del Decreto del Ministero delle Finanze n. 379 del 10 marzo 1988, prevede che per le cessioni di beni per finalità umanitarie effettuate nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, la prova dell’avvenuta esportazione può essere data anche mediante attestazione rilasciata dal competente funzionario della stessa amministrazione, dalla quale risulti la natura, la qualità e la quantità dei beni esportati.
In sintesi, la prova dell’avvenuta esportazione può essere fornita tramite: documentazione doganale, notifiche o attestazioni da parte di Pubbliche Amministrazioni e comunicazioni dirette con enti competenti a livello europeo.
Ricorrendo tutte le condizioni previste dal citato articolo 8, comma 1, lettera b-bis del D.P.R. 633/72 l’Agenzia delle Entrate, nel caso di specie, ritiene possibile l’applicazione del regime di non imponibilità IVA per le cessioni di beni a titolo gratuito aventi finalità umanitarie.
Riguardo al decreto attuativo previsto dalla norma, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che, nelle more dell’emanazione dello stesso, continua a trovare applicazione il decreto del Ministro delle Finanze del 10 marzo 1988, n. 379, applicabile ai sensi dell’articolo 1, comma 140, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN