Alla ricerca delle certificazioni perdute

Cosa succede se ancora ad oggi mancano alcune certificazioni delle ritenute d’acconto operate sui redditi d’impresa o di lavoro autonomo?
Niente paura, se abbiamo la prova documentale che il pagamento della fattura è avvenuto al netto della ritenuta dovuta.
Ma andiamo con ordine.

Essenzialmente la questione è racchiusa  in poche disposizioni:

–  il combinato disposto dai commi  6-ter e 6-quater del D.P.R. 322/1998, che prevede che il sostituto d’imposta,  entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, deve rilasciare apposita certificazione;

–  l’art. 22 del TUIR D.P.R. n.917/1986 (richiamato nell’art. 79 a proposito delle società)  che trattando dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, ammette lo scomputo delle ritenute alla fonte operate a titolo d’acconto dall’imposta determinata sul reddito complessivo del contribuente;

–  l’art. 36-ter c. 2 del D.P.R. n.600/1973 che, riferendosi al controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, dispone  che  gli Uffici periferici  dell’Amministrazione finanziaria possono  escludere,  in tutto o in parte, lo scomputo delle ritenute d’acconto non  risultanti  dalle  certificazioni richieste ai contribuenti.

L’applicazione di quest’ultima disposizione da parte dell’Amministrazione finanziaria ha però evidenziato l’ingiusta  sanzione subita  dal soggetto  sostituito: quest’ultimo non poteva far altro che diffidare il sostituto d’imposta dall’adempiere all’invio della certificazione, subendo in caso di inerzia, l’iniqua conseguenza di avere avuto operata la ritenuta e non poterla portare in detrazione.

Nel 2009, la risoluzione n. 68/E ha posto fine all’annosa questione dello  scomputo delle ritenute operate ma non certificate (limitatamente però  ai  redditi  di  lavoro  autonomo  e d’impresa),  quando il contribuente è in grado di esibire congiuntamente:

–  la fattura emessa;

–  la  relativa  documentazione,  proveniente  da banche o altri intermediari finanziari, idonea a comprovare  l’importo  del compenso netto (di ritenuta) effettivamente percepito.

Nel caso in cui fattura e documentazione siano prodotte in sede di controllo ai sensi dell’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, alle stesse andrà inoltre allegata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (rilasciata ai sensi dell’art . 47 D.P.R. 445-2000 e quindi accompagnata dalla fotocopia di un valido documento d’identità del soggetto che la rilascia) in cui il contribuente dichiari, sotto  la  propria  responsabilità, che  la documentazione  attestante  il  pagamento  si  riferisce   ad   una determinata fattura regolarmente contabilizzata e che  a fronte della stessa  non  vi  sono  stati altri pagamenti da parte del sostituto.

In conclusione, si può dire che l’Amministrazione finanziaria in questa risoluzione offre la possibilità di fare valere,  senza particolari aggravi, le situazioni di fatto rimuovendo l’anomala situazione di cui si è detto  (ritenuta operata – ritenuta disconosciuta) che tanto contenzioso aveva creato negli anni scorsi. Con le dovute rivisitazioni, si ritorna quindi all’orientamento di una vecchia nota ministeriale (n. 8/1034 del 31.10.1977) nella quale, semplicemente, si conveniva di ritenere valida, quale certificazione delle somme percepite e assoggettate a ritenuta alla fonte, la lettera di accompagnamento del compenso quando conteneva  le indicazioni del sostituto d’imposta, la causale, l’ammontare lordo delle somme corrisposte, l’ammontare della ritenuta, l’affermazione o dichiarazione  del sostituto

d’imposta.

Dott. Rag. Giuseppina Spanò  –  Palermo