Per considerare un’area fabbricabile pertinenza di un fabbricato urbano è necessario che venga modificato lo stato del luogo al punto da rendere visibile l’impedimento che rende inedificabile l’area stessa. Non sarebbe sufficiente, pertanto, la semplice dichiarazione del contribuente. Secondo l’ordinanza n. 16838 del 3 ottobre 2012, i giudici della sezione tributaria della Corte di cassazione hanno sancito che, qualora non siano visibili gli impedimenti sopra descritti, il contribuente è tenuto a pagare sull’area sia l’ICI che l’IMU.
L’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 504 del 30 dicembre 1992, applicabile all’IMU sperimentale in virtù del richiamo operato dall’art. 13, comma 2, D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011 stabilisce che “l’area che costituisce pertinenza” di un fabbricato deve essere considerata “parte integrante del fabbricato”. Pertanto, essa non rileva autonomamente quale area oggetto di IMU.
In merito, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15739 del 13 luglio 2007, aveva precisato che “ai fini dell’assoggettamento delle cose adibite a pertinenza di altri beni al prelievo tributario dell’imposta comunale sugli immobili non assumono rilevanza la distinta iscrizione in catasto, né il regime di edificabilità ovvero lo strumento urbanistico; il discrimine si fonda sulla qualità del bene accessorio e sul criterio fattuale, costituito dalla destinazione concreta ed effettiva della pertinenza al servizio od ornamento della cosa principale”. In senso conforme al suddetto principio, la Suprema corte, con la sentenza n. 22128 del 29 ottobre 2010, ha precisato che “in tema di imposta comunale sugli immobili, l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dall’art. 2 d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 cod. civ., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione”.
Con l’ordinanza n. 16838 del 3 ottobre scorso, secondo i giudici di piazza Cavour, “per qualificare come pertinenza di un fabbricato un’area edificabile, è necessario che intervenga un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo ius edificandi e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale”, che può essere rimosso in qualsiasi momento dall’interessato.
Sotto il profilo strettamente legislativo, è opportuno ricordare che l’articolo 2 del decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992 si limita a stabilire che è parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza. I giudici della Suprema corte, andando al di là della mera formulazione letterale della norma, hanno stabilito che nel caso di pertinenza di un fabbricato non rilevano le risultanze catastali, ma l’effettiva destinazione. In altri termini, se il contribuente muta lo stato del luogo e rende visibili gli impedimenti innanzi esposti, l’area che costituisce, di fatto, pertinenza di un fabbricato non è soggetta né a ICI, né a IMU, come area edificabile, anche se iscritta autonomamente al catasto.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN