L’IMU potrebbe essere dichiarata incostituzionale. È questa una tra le notizie di maggior interesse per i contribuenti italiani e che è circolata negli ultimi giorni. Quali ragioni hanno portato negli ultimi giorni l’ex ministro dell’economia, Giulio Tremonti, a rendere tali dichiarazioni?
Il prof. Tremonti, in merito, ha manifestato le sue perplessità circa l’incostituzionalità dell’IMU poiché alimenta la disuguaglianza tra i cittadini e viola il principio costituzionalmente garantito della capacità contributiva. Ha infine dichiarato che l’IMU “non è un’imposta sulla proprietà, ma contro la proprietà”.
In altri termini, sotto il profilo strettamente giuridico, le norme giuridiche infrante sarebbero tre:
• articolo 3 (principio di uguaglianza)
• articolo 47 (tutela del risparmio)
• articolo 53 (principio di capacità contributiva).
In base a quanto stabilito dall’art. 3 della Costituzione, l’IMU è incostituzionale poiché “colpisce la titolarità dei beni immobili, in modo erratico e casuale, senza considerare correttamente il loro valore e la situazione personale dei soggetti passivi”. Più in particolare, l’IMU potrebbe essere considerata incostituzionale per effetto della meccanica stabilita dal D.L. n. 201/2011, cosiddetto “decreto Salva Italia”. La base imponibile, infatti, è determinata tenendo conto di valori immobiliari rivalutati in forma lineare, senza che ci sia il necessario collegamento con i valori economici reali sottostanti.
A questo riguardo, inoltre, è necessario precisare che da più parti erano stati invocati criteri di flessibilità per la determinazione dell’imposta, visto il carattere permanente della stessa. I valori immobiliari, infatti, possono crescere ma anche scendere e precipitare visto il periodo di recessione economica. La mancanza di criteri di flessibilità, quindi, porta con sé il principio che chi ha un reddito adeguato potrà permettersi di pagare, chi non ce l’ha si vedrà praticamente costretto a vendere.
Nelle scorse settimane, anche la Commissione europea, in merito, aveva fatto sentire la sua voce dichiarando che “le tasse sulla proprietà non hanno impatto sulla disuguaglianza sociale in Estonia e Italia e si ritiene che aumentino leggermente la povertà in Italia”. Inoltre, nell’ambito di un quadro generale dell’economia italiana, il rapporto indica che alcuni aspetti della recente riforma del 2012 “potrebbero essere ulteriormente migliorati per rafforzare la sua progressività”.
Con riferimento al caso italiano, nel rapporto di cui sopra, la Commissione europea ha individuato alcuni tra gli aspetti che potrebbero migliorare la “qualità” della tassazione sulla proprietà e calmierare la disuguaglianza tra i cittadini. In particolare la Commissione ha indicato il necessario aggiornamento dei valori catastali e la definizione della residenza primaria e secondaria.
Anche il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.), in base al quale i cittadini hanno il dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, è violato in base al presupposto innanzi ricordato. La base imponibile dell’IMU, infatti, è rappresentata dalle rendite catastali rivalutate che però presentano “rilevantissime e irragionevoli sperequazioni tra territori diversi e addirittura nell’ambito dello stesso territorio“. Non si può non considerare, ad esempio, che la rendita catastale di un immobile a destinazione abitativa, in base al meccanismo di applicazione dell’IMU, viene rideterminata tenendo conto dei medesimi moltiplicatori a prescindere che l’immobile sia ubicato nel centro di una città importante, come Roma, Firenze, etc. ovvero nella sua periferia.
Infine, è necessario precisare che l’IMU, nella versione sperimentale approvata dal governo Monti, viola il principio costituzionalmente garantito della tutela del risparmio e accesso alla proprietà immobiliare poiché colpisce il risparmio investito in immobili, determinando il crollo delle quotazioni e la corsa alla vendita degli immobili stessi, favorendo, anche se non direttamente, la speculazione contro ogni logica di efficienza economica.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN