La legge di Stabilità 2013 ha introdotto all’interno dell’ordinamento una nuova tipologia di fattura, la fattura semplificata. Si tratta di un documento che contiene meno informazioni rispetto alla fattura standard, ma che è soggetto a specifiche limitazioni. Riepiloghiamo quindi quando può essere emesso e cosa deve contenere.
Cento e non più cento. No, non abbiamo sbagliato. Nell’Apocalisse era scritto mille e non più mille, ma qui non si parla di fine del mondo, solo di fatture… che se vengono emesse per valori fino a 100 euro, si presentano nella veste semplificata. Giusto per essere à la page, in un modo in cui tutto è trendy e simply.
A chiarirci, o forse a confonderci ancor di più le idee, ci pensa l’art. 21-bis di nuova introduzione all’interno del D.P.R. 633/1972, che si riferisce ai casi in cui è possibile emettere una fattura semplificata. La situazione nuova – che si determina dal 1 gennaio 2013 in avanti – si può riassumere agevolmente nel concetto che l’emissione della fattura – con tutte le prescrizioni elencate e menzionate nell’articolo 21, è stata ritenuta – in alcune situazioni tassativamente previste – un inutile e ingiustificabile appesantimento amministrativo. Pertanto si concede la possibilità, sempre nelle predette determinate ipotesi, di ricorrere a uno strumento di certificazione (fattura semplificata) con minori elementi descrittivi all’interno del corpo della stessa. Ci sono ovviamente alcune limitazioni e le condizioni sono di natura quantitativa, perché la fattura semplificata può essere emessa unicamente:
- per valori di ammontare complessivo non superiore a 100 euro, laddove siamo convinti che l’importo sia da intendersi IVA compresa proprio perché si parla di ammontare complessivo;
- nel caso di fatture rettificative ai sensi dell’art. 26, a prescindere dall’importo del documento.
Perché queste due condizioni? Semplice: l’importo di 100 euro sta a significare che su piccole operazioni non è giustificabile un eccessivo appesantimento amministrativo; sulla fattura rettificativa ex art. 26 la possibilità di alleggerire il corpo del documento è banalmente la logica conseguenza del fatto che, essendo questa fattura da art. 26 legata a una fattura principale rettificata in aumento o in diminuzione, nel primo documento si troveranno tutte le indicazioni necessarie per individuare le parti, l’operazione di cessione o la prestazione.
Ma quali sono le semplificazioni che ritroviamo nella fattura semplificata? Sono sostanzialmente due:
- la prima riguardante la possibilità di identificare la controparte senza richiamare tutti i dati anagrafici ma semplicemente indicando la partita IVA o il codice fiscale o altro dato numerico che lo possa identificare in modo immediato e senza rischi di errore;
- la seconda semplificazione riguarda la possibilità di omettere il dettaglio tra imponibile IVA e totale documento a condizione però che – ove fosse indicato solo il totale del corrispettivo – siano forniti sempre sul documento quei dati che consentono di risalire al totale all’imponibile come, a esempio, l’indicazione della aliquota applicata.
La fattura semplificata, oltre a scontare le limitazioni di importo e avere la possibilità di riferirsi a qualsiasi operazione rettificativa, non può però essere emessa in alcune situazioni citate dal comma 2. In particolare, sono due quelle esplicitamente menzionate dalla norma:
- le cessioni intracomunitarie di cui all’art. 41;
- le operazioni cui all’art. 21 comma 6-bis lettera a) che “incidentalmente” sono proprio le operazioni che abbiamo menzionato, vale a dire le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un soggetto passivo debitore di imposta in altro stato membro.
Ecco pertanto dimostrato come le due norme richiamate risultano tra loro complementari.
Infine il comma 3 introduce la possibilità, attraverso un apposito decreto ministeriale, di incrementare il limite quantitativo al di sotto del quale è possibile emettere la fattura semplificata, portandolo a un tetto massimo di 400 euro, oppure di consentire l’accesso alla fattura semplificata a particolari soggetti che operano in determinati settori a prescindere dal volume della stessa. Può essere il caso di esercenti particolari tipologie di mestieri o di attività che utilizzano strumenti differenti per la certificazione dei corrispettivi. A tal proposito è opportuno richiamare una modifica apportata nella legge n. 18 del 1983, attraverso la quale viene prevista la facoltà, per i soggetti che utilizzano misuratori fiscali e/o registratori di cassa, di emettere tutte le fatture, sia quelle ordinarie che quelle semplificate, utilizzando il medesimo registratore di cassa. Ciò sta a significare che nel documento prodotto dal registratore di cassa troveranno spazio meno informazioni e in particolar modo sarà possibile identificare il soggetto che emette la fattura attraverso l’indicazione sintetica di pochi dati, riassumibili nella partita IVA o nel codice fiscale, in modo che il contenuto del documento possa essere attestato attraverso l’emissione di strisce di carta di dimensioni ridotte, contenenti esclusivamente informazioni di sintesi.
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Roberto Bianchi – Centro Studi CGN