Il tema della ristrutturazione del debito è di grande attualità come strumento a disposizione delle aziende per uscire da situazioni di difficoltà finanziaria. Cos’è esattamente? Quali sono le principali tipologie di ristrutturazione?
Il Legislatore ha introdotto degli istituti normativi espressamente ideati per facilitare gli accordi di ristrutturazione quali il concordato preventivo (art.160 e segg. della Legge Fallimentare), l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art.182-bis L.F.), il piano di risanamento attestato (art.67 e segg. della L. F.); il fine è comune: permettere alle imprese in crisi, ma ancora in grado di generare valore, di uscire dallo stato di instabilità e di continuare la loro attività.
Nel 2011, il consiglio di gestione dell’OIC ha approvato il Principio Contabile n.6, denominato “Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio”. Il Principio si propone di definire il corretto trattamento contabile nonché l’informativa da fornire nel bilancio d’esercizio di aziende che pongono in essere delle operazioni di ristrutturazione del debito.
Le imprese debitrici interessate da questo Principio sono in funzionamento, caratterizzate dalla continuità aziendale. Prevale qui il cosiddetto “going concern element” che contraddistingue il bilancio d’esercizio.
Ma che cos’è una ristrutturazione del debito?
Essa si verifica quando “il creditore, per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato”. Ciò permette al debitore in difficoltà finanziarie di godere di condizioni più favorevoli. Il creditore accetta l’accordo, spinto dalla maggiore probabilità di ottenere un rimborso, grazie all’alleggerimento tempestivo della pressione finanziaria sull’impresa debitrice, che altrimenti vedrebbe irrimediabilmente compromesse le proprie capacità di riprendersi.
In definitiva si ha il seguente effetto: il creditore, rinunciando a propri diritti, ha una perdita che si traduce in un beneficio per il debitore, immediato o differito nel tempo, misurabile in termini di variazione del valore economico del debito prima e dopo la ristrutturazione. Dal punto di vista operativo, la concessione accordata dal creditore può portare a diverse soluzioni di carattere tecnico, come la modifica delle condizioni di regolamento del debito con lo spostamento o riduzione dei pagamenti futuri, in attesa del miglioramento delle condizioni di solvibilità del debitore.
La modalità più diffusa in cui si manifesta la rinuncia del creditore è la modifica dei termini originari del debito che si articola secondo una o più soluzioni tecniche:
- con la riduzione dell’ammontare del capitale da rimborsare a scadenza;
- con la riduzione dell’ammontare degli interessi maturati (anche di mora) e non ancora pagati;
- con la riduzione dell’ammortare degli interessi che matureranno a partire dalla data dell’accordo, quindi una modifica favorevole per la durata residua del debito del tasso di interesse pattuito in origine;
- con la modifica alla tempistica per il pagamento degli interessi e per la restituzione del capitale di debito, spesso non accompagnata da maggiori interessi maturandi: l’operazione viene detta di rimodulazione del debito.
In base a quale criterio rappresentare i valori contabili a bilancio? Quali metodi di valutazione utilizzare?
Tutte le soluzioni determinano una variazione del valore economico del debito coinvolto nella ristrutturazione: tale valore dovrà essere rilevato in nota integrativa. Il principio lo definisce come “valore attuale dei pagamenti futuri che il debitore dovrà corrispondere al creditore, a titolo di capitale e/o interessi, da determinare in base ai nuovi termini previsti, scontati al tasso d’interesse effettivo dell’operazione ante-ristrutturazione”. La variazione del valore economico è in senso negativo, cioè il nuovo valore è in tutti i casi inferiore a quello contabile ante-ristrutturazione, con conseguente beneficio per il debitore. Ne deriva che il nuovo tasso effettivo determinato dal nuovo piano dei pagamenti risulterà inferiore a quello originariamente pattuito.
È utile osservare come il concetto di valore economico del debito sia differente dal concetto di fair value: quest’ultimo sconta i pagamenti futuri al tasso di mercato per aziende che versano in situazioni di difficoltà finanziaria simili a quelli dell’impresa oggetto d’indagine (un tasso quindi corretto per il mutato livello di rischio). Nella valutazione delle operazioni di ristrutturazione del debito, invece, continuiamo ad utilizzare il tasso pre-esistente, sicuramente inferiore a quello di mercato. Ne consegue che il fair value è di solito inferiore al valore economico del debito misurato secondo i dettami dell’OIC 6.
Sotto il profilo contabile, le soluzioni di cui ai punti A e B generano un “utile da ristrutturazione”, pari alla riduzione del capitale da rimborsare o degli interessi maturati ma non ancora pagati, che il debitore rileverà:
- in conto economico, fra i proventi straordinari (E.20, evidenziando l’utile con la voce di dettaglio “di cui” se di importo rilevante);
- in contropartita dell’utile, a depurazione del valore contabile del debito iscritto fra le passività.
In accordo con il principio di prudenza, l’utile si considera realizzato sin dalla data della ristrutturazione. Infatti è al momento della conclusione dell’accordo con il creditore che avviene lo stralcio definitivo – in capo all’impresa debitrice – delle obbligazioni oggetto di ristrutturazione.
Le soluzioni di cui ai punti C e D, invece, non determinano la rilevazione di alcun utile né la riduzione del valore contabile del debito. I benefici derivanti dalla modifica del piano dei pagamenti o dalla riduzione dell’ammontare degli interessi futuri:
- non possono ritenersi realizzati alla data della ristrutturazione;
- andranno rilevati lungo la durata residua del debito, in base ai principi di competenza e prudenza.
Il principio OIC 19 “Debiti” prevede infatti, sia in caso di dilazione dei pagamenti che in caso di riduzione degli interessi, che il “beneficio sia rilevato, per competenza, durante il periodo di durata del prestito”.
Ciò significa che i principi nazionali non consentono l’iscrizione di un debito ristrutturato al suo valore attuale, altrimenti si determinerebbe un riconoscimento anticipato di benefici futuri.
Alberto Facca – Centro Studi CGN